«L’arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità.»
È un’esperienza che non sarai mai più in grado di ripetere. L’elevata presenza di opere di Andy Warhol, Pablo Picasso, Lucio Fontana e di molti altri artisti significativi del 20esimo secolo è solo la punta dell’iceberg. Il forte intreccio tra interi decenni di storia, cultura, sentimenti, emozioni e movimenti culturali è ciò che rende questa mostra davvero imperdibile. Ecco perché dovresti assolutamente visitare la Contemporanea Galleria d’Arte, curata da Giuseppe Benvenuto e situata in Viale Michelangelo 65. La mostra è aperta dal lunedì al sabato, dalle ore 10:30 – 13:00 / 16:30 – 20:30. C’è molto da vedere ma non avere paura! Apulian Appeal ha selezionato cautamente alcune opere per introdurti ai protagonisti principali della galleria.
L’IRRAPRESENTABILE
L’esposizione è divisa in diverse sezioni, ognuna delle quali descrive i differenti periodi che l’arte ha attraversato durante la metà del XX secolo. Non appena entri in galleria, disposti sul muro a sinistra, puoi trovare ben otto opere d’arte che racchiudono l’impegno dell’arte nel descrivere le virtù della società nascosta.
Picasso, “Arlecchino”, 1966
Custodito all’interno di una cornice dorata, l’Arlecchino di Picasso spicca immediatamente tra tutto. Dipinto nel 1966, l’Arlecchino rappresenta perfettamente il rifiuto dei valori morali consueti di quel periodo. L’arte infatti serve proprio a raccontare l’altra faccia della realtà. La maschera della commedia dell’arte, che da sempre è rappresentata come allegra e scherzosa, questa volta è raffigurata con un’aria angosciata e assorta. Ci sono anche altri elementi che descrivono la malinconia del quadro, come ad esempio la tenda di un rosso acceso posizionata di lato.
Inoltre, nel dipinto possono essere osservati intrecci particolari di elementi appartenenti al realismo e al dadaismo, periodi che si possono associare rispettivamente all’infanzia e all’età adulta di Picasso stesso.
L’Arlecchino sarà anche circondato da un’aura malinconica, ma non è da solo: ci sono molte altre opere d’arte a fargli compagnia. Tuttavia, daremo dopo un’occhiata ad esse. Continuando verso destra, il capolavoro di Picasso è seguito dal rivoluzionario genio della Pop Art, Andy Warhol.
Warhol, “LADIES AND GENTLEMEN II. 130”, 1975
Basta con Marilyn Monroe, basta con Elvis Presley. Il mondo delle celebrità deve rimanere indietro per dare spazio al mondo reale, quello delle persone socialmente emarginate. Qui possiamo trovare un ritratto risalente al 1975 di una delle drag queen del night club “The Gilded Grape” di New York. In un periodo in cui tutto veniva considerato un tabù, le drag queen che in precedenza non avevano un posto nella storia, ora ne hanno uno.
Il soggetto di quest’opera è fotografato frontalmente e si rivolge direttamente allo spettatore con uno sguardo impavido, comunicando aria di sfida ed orgoglio. Per la sua composizione, Andy Warhol realizza dapprima uno scatto con una polaroid e successivamente procede alla creazione di una serigrafia, aggiungendo larghe porzioni di colori.
UN MONDO A TRE DIMENSIONI
La scelta delle opere esposte nella stanza è tutto fuorché casuale. Se alla nostra sinistra possiamo trovare dipinti che rappresentano i valori nascosti di una società secolare, proseguendo ancora verso destra passeremo alla nascita della scuola più pura della sperimentazione artistica e concettuale. È un tipo di arte che trova il suo posto nell’Italia di metà Novecento grazie a Lucio Fontana, Alberto Burri, Enrico Castellani, etc…
Fontana, “Concetto spaziale”, 1965
Insieme alla creazione del Manifesto Blanco, Lucio Fontana ricompone le basi della concezione artistica: da ora in poi «la materia, il colore, il suono e il movimento» saranno i protagonisti dei suoi lavori. In altre parole, la tela stessa diventa il soggetto diretto dei suoi pensieri e delle sue idee a 360° gradi. All’interno della galleria, possiamo trovare il “Concetto spaziale” di Fontana del 1965, una serigrafia che include i buchi sulla tela che hanno reso unico l’artista. Anche l’assenza di simmetria e linearità è un tratto indistinguibile presente all’interno della maggior parte dei suoi lavori. In particolare, quest’opera incarna perfettamente il desiderio dell’artista di comunicare impulso e tridimensionalità.
Burri, “Museo di Capodimonte”, 1978
L’idea di spazialismo, e quindi l’intenzione di dare dimensione ad una superficie piatta, non si estende unicamente alla singola opera d’arte tanto quanto all’area intera in cui ti trovi. Dopo aver fatto un passo indietro, di fianco all’Arlecchino di Picasso, potrai trovare la serigrafia di Alberto Burri “Museo di Capodimonte”, direttamente dal 1978. Burri non era famoso per le sue impressionanti e mastodontiche land-art tanto quanto lo era per il modo in cui gestiva le tele. L’utilizzo di incisioni e tagli, accompagnate da tecniche di combustione e l’impiego di superfici estroflesse ed introflesse erano al centro del suo modo di percepire e di comunicare arte, pensieri ed emozioni.
De Chirico, “BIRO SU CARTA”, 1964
Insieme al quadro senza tempo di Burri, siamo accompagnati da un da un’opera “informale” di De Chirico, posizionata al suo fianco. Sia la critica che il pubblico sono abituati da sempre ad osservare il prodotto finito, accantonando così l’intero processo artistico e creativo che passa per la mente dell’artista. Al contrario, l’artista metafisico Giorgio De Chirico ha lasciato intatta una delle sue bozze del 1964, come è accaduto per molti suoi lavori. Ogni elemento presente su “Biro su carta” è realizzato allo scopo di comunicare attraverso un linguaggio primitivo: lo scarabocchio. Come si può notare, anche la tela non è altro che la pagina di un quaderno a quadretti, in cui il disegno trova la sua estensione insieme alla rappresentazione dell’opera musicale e teatrale “il Prigioniero”.
Castellani, “SUPERFICIE BIANCA”, senza data
Tornando verso il centro della stanza, potrai notare immediatamente due opere d’arte firmate Enrico Castellani, etichettato da molti critici come “il padre del minimalismo”. Entrambi i suoi lavori seguono la filosofia artistica di Fontana, impegnandosi nell’estensione della dimensionalità delle tele attraverso la creazione di forme e colori. Come è mostrato in “Superficie bianca”, la tridimensionalità della tela è raggiunta grazie alla capacità di cambiare forma in base all’ambiente in cui si trova. Una caratteristica data dai giochi di luci e ombre.
UNA DENUNCIA PUBBLICA
In precedenza abbiamo evidenziato come gli artisti di metà Novecento avessero concretizzato i loro pensieri attraverso la decontestualizzazione di figure conosciute alla massa, dando loro nuove forme e colori; il modo in cui ciò avveniva era sottile e destinato alle poche persone istruite, o ricche, del tempo. Al contrario, ciò che abbiamo ora davanti appartiene all’epoca della “denuncia pubblica”, un momento storico in cui “fare” un certo tipo di arte diventa sinonimo di lotta di classe interna ed esterna. Grazie a Keith Haring, Mario Schifano, Man Ray e molti altri, l’urlo degli inascoltati, diventa tangibile.
Keith Haring, “SENZA TITOLO” (Untitled), 1984
L’influenza che Haring continua ad avere sul mondo della cultura pop è qualcosa di sbalorditivo. Il suo stile inconfondibile è caratterizzato dalla presenza di omini stilizzati con forme rotonde e morbide, accompagnati da linee cinetiche che contribuiscono a creare armonia. In quest’opera senza titolo, l’artista americano ha voluto rappresentare elementi androgini racchiusi in una grande creatura antropomorfa; da quando Keith Haring rivelò al pubblico di essere omosessuale, si è sempre battuto per la promozione dell’educazione sessuale insieme a campagne per la sensibilizzazione all’AIDS, attraverso opere e disegni come questi.
Mario Schifano, “THE MAKING OFF – RIO DE JANEIRO”, 1966
Come ultima opera di questa introduzione, non può certamente mancare quello che è il lavoro più importante dell’ ”Andy Warhol italiano”. Con The making off – Rio De Janeiro”, Mario Schifano denuncia coraggiosamente l’ipocrisia della dittatura in Brasile dipingendo di bianco una favela e andando contro tutte le ordinanze emanate dal governo dittatoriale brasiliano di quel tempo. Secondo esse, ogni edificio del genere doveva essere tinto di verde, così da mascherare definitivamente il problema delle baraccopoli. L’opera è un frammento estratto, e in seguito lavorato, da un documentario con lo stesso nome, disponibile in versione integrale su YouTube.
La galleria è piena di altre opere senza tempo da scoprire e di aree da visitare. Non avere paura di chiedere informazioni! Il preparatissimo gallerista e curatore Giuseppe Benvenuto sarà lieto di rispondere ai tuoi dubbi.